Visualizzazioni totali

giovedì 28 maggio 2015

IL GRANO CRESO

 

Come una modificazione genetica può portare un'intolleranza epidemica.

 

I segreti della Celiachia
Claudia Benatti – tratto da AAM Terranuova n.193

E’ mai possibile che la diffusione pressoché «epidemica» della cellachia, cioè dell'assoluta intolleranza al glutine che può innescare anche gravi patologie conseguenti, possa essere dovuta ad una modificazione genetica approntata sul frumento? Questa ipotesi non è nuova e su di essa si sono spesso avventati, smentendola con ferocia, i sostenitori delle biotecnologie e dei cibi Ogm. Ma ora, grazie all'intuizione di uno scienziato di esperienza pluridecennale in campo medico, pare possa arricchirsi di ulteriori dettagli, chiarendosi all'opinione pubblica.


Un frumento nanizzato
Il professor Luciano Pecchiai, storico fondatore dell'Eubiotica in Italia e attuale primario ematologo emerito all'ospedale Buzzi di Milano, ha avanzato una spiegazione di questa possibile correlazione causa-effetto su cui occorrerebbe produrre indagini scientifiche ed epidemiologiche accurate. «E’ ben noto che il frumento del passato era ad alto fusto - spiega Pecchial - cosicchè facilmente allettava, cioè si piegava verso terra all'azione del vento e della pioggia. Per ovviare a questo inconveniente, in questi ultimi decenni il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione genetica».

Appare fondata l'ipotesi che la modifica genetica di questo frumento sia correlata ad una modificazione della sua proteina e in particolare di una frazione di questa, la gliadina, proteina basica dalla quale per digestione peptica-triptica si ottiene una sostanza chiamata frazione III di Frazer, alla quale è dovuta l'enteropatia infiammatoria e quindi il malassorbimento caratteristico della celiachia.
«E’ evidente - ammette lo stesso Pecchiai - la necessità di dimostrare scientificamente una differenza della composizione aminoacidica della gliadina del frumento nanizzato, geneticamente modificato, rispetto al frumento originario. Quando questo fosse dimostrato, sarebbe ovvio eliminare la produzione di questo frumento prima che tutte le future generazioni diventino intolleranti al glutine». E non è da escludere che sia proprio questo uno degli scogli più difficili da superare.

400.000 malati in Italia
La riconversione della produzione, una volta che questa sia entrata a regime e abbia prodotto i risultati economici sperati, diviene impresa assai ardua e incontrerebbe senza dubbio molte resistenze. Di qui la probabile mancanza di interesse ad approfondire una simile ipotesi per trovarne l'eventuale fondamento.
D'altra parte, nessuno ancora ha trovato una spiegazione al fatto che l'incidenza della celiachia è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi anni e l'allarme non accenna a rientrare. «Mentre qualche decennio fa l'incidenza della malattia era di 1 caso ogni mille o duemila persone, oggi siamo giunti a dover stimare 1 caso ogni 100 o 150 persone», spiega Adriano Pucci, presidente dell'Associazione Italiana Celiachia. «Siamo dunque nell'ordine, in Italia, di circa 400 mila malati, di cui però soltanto 55 mila hanno ricevuto una diagnosi certa e seguono una dieta che può salvare loro la vita».

In molti sostengono che l'aumento dei casi di celiachia sia una conseguenza del miglioramento delle tecniche diagnostiche, ma la spiegazione non convince, appare eccessivamente semplicistica e riduttiva. Fatto sta che, anziché cercare spiegazioni sulle cause, cosa che permetterebbe di provvedere poi alla loro rimozione, la ricerca oggi percorre direzioni opposte, ipotizzando e sperimentando ulteriori modificazioni genetiche del frumento stesso per «deglutinare», cioè privare del glutine, ciò che ne è provvisto o «immettere» nel frumento caratteristiche proprie di cereali naturalmente privi di glutine.

Il mistero dei Creso
A proposito torna alla mente una questione dibattuta qualche anno fa alla quale non è mai stata fornita risposta e che rimane a tutt'oggi un problema apertissimo e attuale: il cosiddetto grano Creso. Nel 1974, all'insaputa dei più, viene iscritto nel Registro varietale del grano duro il Creso. Nove anni dopo, la superficie coltivata a Creso in Italia era passata da pochi ettari a oltre il 20% del totale, con 15 milioni di quintali l'anno per un valore, di allora, di circa 600 miliardi di vecchie lire.
Da una pubblicazione del 1984 si ricavò poi che quel grano era stato «inventato» e sviluppato presso il centro di studi nucleari della Casaccia (1). Nel lavoro, come ricordò nel 2000 anche il fisico Tullio Regge su Le Scienze, si sottolineava l'efficacia della mutagenesi e l'introduzione di nuovo germoplasma e di ibridazioni interspecifiche.

La varietà di grano duro Creso ha determinato una vera e propria rivoluzione cerealicola in Italia. Nata presso il Centro Ricerche del CNEN (ora ENEA) della Casaccia grazie alle conoscenze sugli effetti delle radiazioni sulle piante, fu ottenuta irradiando con raggi X la varietà Cappelli e, iscritta nel 1974 nel Registro Nazionale delle varietà di grano duro, in pochi anni diventò la varietà più coltivata in Italia.

In sostanza, il Creso era il risultato dell'incrocio tra una linea messicana di Cymmit e una linea mutante ottenuta trattando una varietà con raggi X. Per altre varietà in commercio erano stati utilizzati neutroni termici. In che misura, per esempio, il consumo continuativo di questo frumento può avere influenzato l'organismo di chi lo ha ingerito? Non si sa, né pare che alcuno voglia scoprirlo. Lo stesso Regge si limitò ad affermare che comunque «lo hanno mangiato tutti con grande gusto».
E se la celiachia fosse il risultato di decenni di ripetuti e differenti interventi sulle varietà di grano che sta alla base della maggior parte del cibo che mangiamo? Chissà se a qualcuno, prima o poi, verrà voglia di capirlo.

mercoledì 27 maggio 2015

Mandorle anticancro: il Laetrile


Se frequentate un gruppo di sostenitori delle cure alternative per il cancro, prima o poi vi capiterà di sentire qualcosa di simile al titolo di questo articolo: mangiare mandorle per sconfiggere il cancro.

Nonostante l'affermazione sembri assolutamente fuori luogo non è proprio così in quanto si tratta dell'ennesima storia di un'idea sbagliata in partenza, portata avanti testardamente nonostante le prove la smentissero e poi utilizzata per guadagnare denaro sulle speranze di chi è malato.
Il finale è abbastanza scontato: dopo aver smentito la correttezza di un'ipotesi che vuole sfruttarla per i suoi interessi accuserà il mondo di complotto ai suoi danni e vivrà ai margini della legalità pur di non perdere gli introiti che aveva programmato.
Questa storia accade negli Stati Uniti ed ebbe (e forse ha) notevole eco mediatico.

E' una storia senza senso. Perchè una persona si convince che qualcosa possa curare il cancro e nonostante tutto dimostri il contrario continua testardamente a perseguire quell'idea? E' impossibile tornare indietro? E' inaccettabile ammettere di aver sbagliato?

E perchè la gente continua a sperare nell'impossibile affidandosi a ciò che non ha mai mostrato di funzionare?
Forse proprio perchè ormai si crede solo all'impossibile visto che il possibile è già stato fatto?

Procediamo con ordine.
L'Amigdalina, molecola isolata nel 1830, è una sostanza contenuta in semi di diverse piante (pesca, albicocca), soprattutto nelle mandorle amare. E' chiamata a volte "vitamina B17" anche se in realtà non si tratta di una vitamina e non interviene in nessun processo fondamentale del nostro organismo. Tramite un'azione enzimatica, l'amigdalina si scinde e produce altre sostanze, tra le quali l'acido cianidrico(cianuro), molto tossico anche a piccole dosi. La sostanza fu sperimentata nel 1892 in Germania come prodotto anticancro ma fu subito abbandonata per la sua inefficacia e tossicità.
All'inizio degli anni 50 Ernst Krebs produsse una sorta di Amigdalina "modificata" che chiamò Laetrile(chimicamente levo mandelonitrile beta glucuronoside) e che brevettò per la cura dei disordini della fermentazione intestinale. Krebs era figlio di un farmacista che già prima di lui aveva sperimentato varie sostanze per la cura del cancro senza successo. L'"inventore" del Laetrile in realtà non era medico. Fu bocciato diverse volte ed infine espulso da una scuola omeopatica, frequentò senza successo altre 5 università ed alla fine riuscì a conseguire un diploma in arte in un'università in Illinois. Nel 1973 riuscì ad ottenere da una scuola cristiana evangelica di Tulsa, un diploma di scienze per aver organizzato una conferenza di un'ora sul Laetrile.

La teoria alla base delle ipotesi di Krebs è un po' complessa, per chi volesse conoscerla la riassumo di seguito:

Nel 1892 un embriologo scozzese, John Beard, ipotizzò che le cellule del cancro sono simili alle cellule del trofoblasto (sono le cellule della placenta che permettono l'impianto dell'embrione nell'utero materno). Secondo lui il pancreas produce un enzima, la chemotripsina, che avrebbe le proprietà di distruggere il trofoblasto che senza questa azione "limitante" andrebbe oltre l'utero invadendo anche il resto dell'organismo, proprio come un tumore. Quando il pancreas non è capace di produrre sufficiente chemotripsina, le cellule del trofoblasto, sempre secondo Beard, circolerebbero per l'organismo, creando i presupposti per il cancro.
Nel 1950 Krebs riprese queste teorie ed ipotizzò che l'amigdalina potesse uccidere le cellule cancerose proprio come la chemotripsina.
Secondo lui, le cellule cancerose sarebbero carenti di un enzima (dal nome "rodanasi" o rodanese) che provocherebbe la produzione di acido cianidrico ed ucciderebbe le stesse cellule del cancro, mentre le cellule sane conterrebbero un altro enzima che le proteggerebbe dall'azione tossica del cianuro.
Krebs affermò quindi che l'amigdalina fosse una vitamina (sostanza necessaria alle funzioni dell'organismo) e la ribattezzò vitamina B17. Il cancro sarebbe causato dalla mancanza di questa vitamina.
Nessuna delle teorie di sopra sono state validate dagli studi scientifici. L'amigdalina non è una vitamina e non è mai stato dimostrato che una  sua carenza possa provocare qualsiasi forma di cancro.

Nel 1956 Krebs incontra il geologo Andrew Mc Naughton (che poi passò alla più redditizia attività di trafficante d'armi e poi di agente segreto doppio, per il Canada e per Cuba, del quale diventò cittadino onorario per mano di Fidel Castro in persona) il quale, attirato dalla "vitamina anticancro" fondò laInternational Biozymes che cominciò a produrre e commercializzare il prodotto.
Parallelamente Mc Naughton ebbe gravissimi problemi legali legati alla sua abitudine di fare affari un po' "oscuri". Fu condannato in Canada e persino in Italia per bancarotta, truffa, frode fiscale. In Canada in particolare fu chiesto il suo arresto per un'evasione fiscale mai risarcita. L'uomo si diede alla latitanza.
Questo non fermò la sua attività commerciale con il Laetrile che cominciò a pubblicizzare in riviste, quotidiani libri e televisioni. Riuscì a convincere alcuni medici a tenere conferenze sul prodotto e convinse uno di questi a scrivere un libro che ebbe discreta diffusione nel nord America. Il nome della società divenne Fondazione Mc Naughton.
Nonostante questo le vendite del Laetrile non decollarono, serviva una svolta che sembrò arrivare poco tempo dopo.
Cecile Hoffman era una maestra di San Diego sottoposta ad intervento nel 1959 per cancro mammario. Dopo la lettura di uno dei libri che pubblicizzavano il Laetrile cercò disperatamente di procurarsene qualche dose. Si rivolse direttamente all'azienda produttrice che le vendette alcune dosi. Alla ricerca di un medico disposto a curarla con quella sostanza e dopo qualche difficoltà a trovarlo, finì nelle mani di Ernesto Contreras, medico messicano che non aspettava di meglio ed esercitava a Tijuana (località nella quale si concentrano il 99% delle cliniche alternative statunitensi, fuori dai confini ma comodissima da raggiungere).

Contreras sottopose la donna alla cura dichiarandola guarita dopo pochi mesi. La donna diventò un'accanita sostenitrice del Laetrile e dell'ambulatorio messicano di Contreras, diffondendo la sua vicenda tramite tutti i canali possibili. Nel 1963 arrivò addirittura a fondare la International Association of Cancer Victims and Friends (IACVF) che pubblicizzava la cura con il Laetrile. Nel 1969 morì di metastasi da cancro mammario. La voce si era però diffusa e da tutto il continente americano arrivavano carovane di malati a chiedere le cure di Contreras con il Laetrile.
L'affare si mostrò redditizio, ogni ciclo di cura costava parecchio e l'ambulatorio di Contreras, sempre affollato, forniva scorte per effettuare la terapia a casa. Il prodotto era pure spedito su richiesta. Ogni studiosulla sostanza però continuava a non mostrare segni di efficacia.
Nel 1970, il medico messicano, ormai ricco, fondò un suo centro medico extralusso il Del Mar Medical Center che diventò qualche anno dopo Oasis of Hope medical center. Alla morte del medico successe il figlio, Francisco Contreras, attualmente responsabile della struttura che fornisce sempre cure alternative ma non menziona ufficialmente tra le sue prestazioni terapie con Laetrile.

Se dal punto di vista commerciale il prodotto sembrava lanciato mancava ancora il "benestare" scientifico. I medici che chiedevano prove dell'efficacia del Laetrile non ricevevano nemmeno risposta, alcune società mediche richiesero dati e cartelle per un esame preliminare e questi dati non arrivarono mai. Continuava però il passaggio di improbabili testimoni in TV e svariati articoli sui  giornali locali.

Dalla metà degli anni 70 si successero vari scandali finanziari con conseguenti dissesti delle società di Krebs e Mc Naughton che però non demordevano nell'obiettivo di dare dignità scientifica alla loro cura. In realtà per anni, non vi furono nè esperimenti scientifici nè verifiche mediche di un certo livello, almeno non quanti furono gli scandali economici, gli spostamenti di capitale e le denunce del fisco contro i produttori della sostanza. L'impressione che ne derivava era quella di una azienda male organizzata e cadente alla quale non importava l'efficacia eventuale del loro prodotto quanto la "vendibilità" e la possibile diffusione mondiale.

Furono commissionati dalla stessa Fondazione McNaughton alcuni studi su cavie (fatti dai laboratori SCIND di San Francisco) affette da tumore. Negli anni precedenti la fondazione affermava di avere risultati "brillanti" con dosaggi di 1 o 2 grammi settimanali di Laetrile, alle cavie fu somministrato l'equivalente di 30 e 40 grammi di sostanza ed i risultati furono totalmente negativi.
La somministrazione però continuò concentrandosi nella clinica di Contreras. Egli affermava di visitare 100-120 pazienti a settimana fornendo una scorta di Laetrile utile per un mese di terapia. Secondo lui nel 30% dei pazienti vi erano risultati positivi e definitivi ma non fu mai fornita prova di queste affermazioni.
Nel 1979 Contreras dichiarò di aver trattato 26000 casi di cancro in 16 anni.
Nonostante questo gli studi sulla sostanza evidenziavano che non vi era nessuna prova di un effetto anticancro nè sugli uomini nè sugli animali, si registravano anche molti casi di intossicazione accidentale o volontaria. Tutto ciò che affermava l'efficacia del Laetrile erano degli aneddoti, delle vere e proprie pagine pubblicitarie, nessuno studio serio e nessuna statistica evidenziava un ruolo positivo, reale, nella cura dei tumori.
Il fallimento della cura fu ripetutamente sottolineato dalle ricerche che venivano effettuate nelle università americane in risposta alla richiesta crescente di indagini da parte della popolazione americana.
Dalla FDA giunse a questo punto una richiesta ufficiale: fornire almeno i dati dei casi più evidenti e palesi di miglioramento.

Contreras fornì solo 12 casi.

L'analisi di questi casi fu pietosa: la metà di questi erano morti di cancro, uno aveva utilizzato terapie convenzionali, un altro era deceduto per altra patologia dopo la rimozione chirurgica del tumore, uno era ancora affetto dalla malattia e gli ultimi tre non erano rintracciabili (...ed erano i casi più evidenti di "successo"...).

Ma altri medici seguivano le orme di Contreras che nel frattempo era diventato un "guru" delle cliniche alternative, tutti affermavano risultati eclatanti e nessuno forniva documentazione e quando questo raramente accadeva si trattava dei soliti casi che in realtà di "risolto" non avevano nulla. Uno dei più conosciuti fu John Richardson che affermò di aver curato 6000 pazienti dal cancro. Il numero esatto non si scoprì mai ma di sicuro egli fece molti affari arrivando ad acquisire notevole fama e promettendo miracoli che in realtà non ottenne. Subito dopo una sua dichiarazione nella quale parlava di "miglioramento drammatico della malattia" ammise che praticamente tutti i suoi pazienti erano deceduti di cancro.
Fu calcolato il suo introito in circa 15 milioni di dollari dell'epoca ed anche lui ebbe guai con il fisco. Fu prima denunciato e poi radiato dall'albo dei medici per aver praticato cure inefficaci su pazienti non consenzienti. Finì la sua carriera lavorando nella clinica del dottor Contreras. Morì all'inizio degli anni 80.

Il Laetrile quindi, nonostante non avesse mai dato prova delle sue capacità continuava ad essere proposto. Ma ci fu un episodio che fece scalpore, il cosiddetto caso Rutherford.
Glen Rutherford era un commerciante di 55 anni affetto da un polipo maligno al colon. Per paura rifiutò di sottoporsi alla chirurgia tradizionale affidandosi alle mani del dott. Contreras. Questi lo "curò" somministrandogli vitamine, enzimi e Laetrile. Emerse dopo alcuni anni (furono perquisiti gli schedari del servizio di anatomia patologica che analizzavano le biopsie dei pazienti) che durante un intervento da lui definito "diagnostico" rimosse il polipo (in pratica effettuò l'intervento che l'uomo non voleva fare per paura). Dopo pochi giorni giudicò l'uomo guarito e questa notizia fece il giro degli Stati Uniti: il Laetrile divenne finalmente noto a tutti.

Con la diffusione del Laetrile in larga scala cominciarono i primi guai.
Due morti furono attribuite alla sostanza ed erano due bambini. Il primo era Chad Green, due anni, affetto da leucemia in fase di guarigione con cicli di chemioterapia. Improvvisamente, convinti da un medico alternativo, i genitori del piccolo sospesero ogni terapia affidandosi alle "cure metaboliche" a base di diete, vitamine, enzimi e Laetrile. Fu intimato da un magistrato il ritorno alle cure tradizionali ma i genitori del piccolo Chad fuggirono in Messico affidandosi a Contreras. Qualche mese dopo il bambino morì di avvelenamento da cianuro.
L'unica cosa dichiarata da Contreras fu che il bambino non era guarito, ma almeno era morto in maniera dolce.
Joseph Hofbauer invece, era un bambino di nove anni affetto da un linfoma (patologia che ha una percentuale di sopravvivenza a cinque anni con cure standard del 95%). I suoi genitori non provarono mai una cura tradizionale ma si affidarono subito alle "terapie metaboliche" con il Laetrile. Joseph morì due anni dopo.

Ma il Laetrile ha anche una vittima illustre. E' l'attore Steve Mc Queen.
Malato di tumore si affidò alla "cura metabolica" con il Laetrile. Nel luglio del 1980 l'attore americano si ricoverò in una clinica messicana di cure alternative. Dopo pochi giorni dalle prime sedute "terapeutiche" Mc Queen si dichiarò soddisfatto ed in buona forma: "Thank you for helping to save my life" (Grazie per avermi aiutato a salvare la vita) disse. In una conferenza stampa il suo medico lo dichiarò guarito e pronto a tornare al lavoro.
Morì per il suo tumore polmonare pochi mesi dopo. Sottoposto a disperato intervento chirurgico per rimuovere le masse tumorali ormai disseminate per metastasi non riesce a superare l'intervento e muore il giorno dopo, il 6 novembre 1980.

Non fu sufficiente nemmeno questo a fermare la diffusione delle cure "all'estratto di mandorle" che sembrava ipnotizzare la gente. La cosa più stupefacente era l'assoluta mancanza di riscontri sull'efficacia di questa terapia. Non vi erano dimostrazioni scientifiche, ma anche i classici racconti tra amici, si concludevano con un "niente di fatto". Negli Stati Uniti sembrava una follia collettiva. Fu questo il periodo in cui le cliniche di medicina alternativa in Messico ebbero maggiore sviluppo in quanto davanti agli affari ottenuti vendendo praticamente acqua fresca, in tanti tentarono la via delle cure alternative (in quella zona sono tantissime anche oggi le cliniche che offrono solo cure alternative). La richiesta era enorme e non essendo la cura permessa nel territorio statunitense, gli alternativi si trasferivano appena fuori confine, in Messico appunto. L'enorme spinta popolare indusse anche molti politici a "cavalcare l'onda" (probabilmente non per motivi scientifici o altruistici...) e furono anche le pressioni politiche che suscitarono l'interesse dei media e delle autorità.
La gente partiva per un viaggio della speranza e tornava disperata, quando riusciva a tornare in vita. Così aumentavano i casi di avvelenamento da cianuro per uso del Laetrile, molti dei quali venivano scoperti casualmente in quanto le persone coinvolte non ammettevano inizialmente di aver effettuato la "cura alternativa". Uno studio sulla tossicità alle dosi consigliate dai guaritori però, non dimostrò particolari effetti collaterali quando queste dosi non venivano superate.

A quel punto fu quasi inevitabile l'inizio della verifica definitiva.
Il National Cancer Institute (NCI) indagò sulla sostanza e sulle sue proprietà, iniziò con uno studio retrospettivo indirizzando un questionario a 385.000 medici statunitensi e 70.000 rappresentanti di istituzioni sanitarie, mediche o case di riposo, chiedendo di fornire notizie su pazienti che riferivano benefici dall'uso del Laetrile.
Furono contattati anche diversi gruppi di sostegno alla terapia ed anche ad essi furono chiesti riscontri.
Nonostante l'enorme mole di contatti arrivarono solo 93 report 26 dei quali mancavano quasi completamente di documentazione utile allo studio. I restanti 68 casi furono anonimizzati ed inviati ad una commissione che doveva confrontare i risultati con quelli di un numero di pazienti uguale che però aveva ricevuto chemioterapia come cura del proprio tumore.
La commissione esaminatrice era "in cieco", non sapeva cioè chi aveva ricevuto Laetrile e chi chemioterapia.

I risultati furono i seguenti:
- 2 pazienti mostrarono completa remissione della malattia (scomparsa del tumore)
- 4 remissione parziale del tumore (dimensioni diminuite, arresto dello sviluppo)
- 62 pazienti non mostrarono alcun effetto da parte del laetrile (malattia in avanzamento o morte del paziente)

Pochi giorni dopo l'inizio dell'analisi da parte della commissione, 220 medici inviarono al NCI i report di 1000 pazienti che avevano utilizzato il laetrile e che non avevano ricevuto nessun beneficio.
La commissione concluse che "i risultati mostrano che non vi è nessuna conclusione che possa supportare un effetto antitumorale da parte del Laetrile".
Nel 1980 il NCI organizzò uno studio su 178 pazienti che avevano utilizzato la sostanza associata ad enzimi e vitamine come cura  sperimentale (furono coinvolte la Mayo Clinic ed altri tre centri oncologici) per il loro tumore maligno.
Furono scelti pazienti in buone condizioni di salute e con masse tumorali misurabili per una verifica. Un terzo del campione non aveva effettuato nessuna chemioterapia.
Alla richiesta di fornire una "formula" del Laetrile, nessun gruppo di sostegno alla cura fu capace di dare delle indicazioni precise al NCI che pertanto decise di basarsi sulle indicazioni di Krebs e sulla posologia e dosi che venivano somministrati dal maggiore produttore della sostanza, l'American Biologics.
I risultati furono evidenti.

Nessun paziente sopravvisse, tutte le masse tumorali aumentarono di dimensioni e non vi fu nessun miglioramento delle condizioni di salute. La sopravvivenza inoltre era minore rispetto a quella attesa in caso di cure conosciute. Molti pazienti inoltre accusarono i sintomi dell'avvelenamento da cianuro e numerosi effetti collaterali, anche gravi. Dopo sette mesi di cura, non era sopravvissuto nessuno.
Una nota del NCI concludeva:
Laetrile has had its day in court. The evidence, beyond reasonable doubt, is that it doesn't benefit patients with advanced cancer, and there is no reason to believe that it would be any more effective in the earlier stages of the disease . . . The time has come to close the books

(trad.) Il Laetrile ha avuto la sua sentenza. L'evidenza, oltre ogni ragionevole dubbio, è che non procura benefici in pazienti con tumori avanzati e non c'è motivo di credere che potrebbe essere efficace negli stadi iniziali della malattia...è giunto il tempo di chiudere il libro. 

American Biologics (la casa produttrice del Laetrile) denunciò (tre volte) il NCI per essere colpevole del drastico calo  delle vendite di prodotto, le denunce furono archiviate.
Dopo questa conclusione altri studi raccolsero i (pochi) dati sul Laetrile disponibili in letteratura e conclusero che non vi era nessun motivo per sospettare un effetto positivo della sostanza. 
Attualmente il Laetrile è ancora utilizzato in alcune cliniche messicane ed è reperibile su internet con i nomi di vitamina B17 o Amigdalina.
Negli anni l'eco del Laetrile si è comunque spento notevolmente ed anche oggi, chi  continua a ripetere il mantra del complotto e della cura nascosta dalle autorità continua a non fornire nessuna prova delle sue affermazioni.
A partire dal 2000 la giustizia americana ha punito numerosissime aziende che vendevano o distribuivano Laetrile come "cura per il cancro" mentre nelle cliniche messicane lo "spettro" d'azione dell'"anticancro alle mandorle" si è allargato a dismisura con la pretesa di curare anche l'AIDS, la sclerosi multipla, il diabete ed altro.
Anche in questi casi solo a parole...

Con le sperimentazioni del NCI si chiuse un altro capitolo di inutili illusioni fornite da gente che pretendeva di aver scoperto la cura del cancro.
E' un destino drammatico quello dei malati di tumore, oltre la malattia c'è da evitare di cadere nelle grinfie degli impostori che avrebbero un modo semplice ed indiscutibile di dimostrare di non essere soltanto dei ciarlatani: provare le loro affermazioni. Ma non lo fanno mai.

Quando non ci sono controlli tutte le cure alternative millantano successi e guarigioni eccezionali, quando questi controlli iniziano, come per miracolo le guarigioni scompaiono ed i successi svaniscono.     

(Articolo scritto da Salvo Di Grazia)

martedì 26 maggio 2015

MICOSI AI PIEDI


Vi è mai capitato un fortissimo prurito e/o bruciore ai piedi? 
I funghi sui piedi sono un problema che affligge molte persone e quasi tutti, nel corso della vita, prima o poi incorrono in questo tipo di infezione. Soprattutto nei mesi estivi, quando succede di camminare scalzi, al mare o sul bordo di una piscina, contrarre una micosi diventa probabile. La trasmissione è estremamente facile: è sufficiente camminare nello stesso posto dove è passato qualcuno che ne è affetto. Spesso trascurati, i funghi sui piedi sono in realtà insidiosi e tendono a diventare resistenti se non adeguatamente trattati e curati. Vediamo allora quali sono le strategie vincenti per combattere questo problema. 
Ci sono farmaci specifici, ma è possibile percorrere la strada dei rimedi naturali. 
Primo tra tutti, il nostro amico bicarbonato di sodio: Alle prime avvisaglie, cioè con la comparsa dei primi pruriti, consiglio di effettuare un pediluvio, ogni sera, con acqua tiepida e con un cucchiaio da cucina colmo di bicarbonato di sodio per ogni litro di acqua utilizzato. Il pediluvio deve durare almeno dieci minuti seguito da un’asciugatura minuziosa, senza risciacquo. Il bicarbonato è utile perché svolge una naturale azione antifungina che aiuta a bloccare la replicazione del fungo. Se questo non dovesse bastare, possiamo usare l'aglio.
L’aglio è una pianta con proprietà officinali, nota per le sue funzioni antibiotiche. In realtà funziona anche contro le infezioni da funghi. Si tratta di un sistema valido, particolarmente vantaggioso perché non presenta alcun effetto collaterale – a meno che non si soffra di allergie o dermatiti da contatto – ed è a costo zero. Il principio attivo che rende l’aglio utile contro le micosi e altri tipi di infezioni è l’ajoene. Sarà sufficiente, per ottenere risultati quasi certi, applicare una soluzione contenente questo principio attivo.
Non è molto semplice procurarsi la soluzione, essendo di difficile reperimento in commercio. Può essere però preparata in casa, tritando finemente alcuni spicchi di aglio, meglio se germogliati da alcuni giorni, perché in questo caso l’ajoene contenuto diventa ancora più efficace. Una volta tritati, vanno mescolati con dell’olio di oliva e frizionati con l’aiuto di un po’ di cotone idrofilo, o meglio di una garza sterile, nella zona colpita dalla micosi. Oppure, è possibile metterli in una bacinella di acqua tiepida, dove fare un lungo pediluvio. Molto importante è asciugare bene i piedi, facendo attenzione agli spazi intradigitali, perché l’umidità residua favorirebbe il proliferare dei germi. I pediluvi devono essere ripetuti, fino al raggiungimento del risultato. 

C’è anche la possibilità di preparare un infuso a cui aggiungere dei chiodi di garofano – anche questi utili nella cura dei funghi – e usarlo per fare impacchi sulle zone di pelle colpita da micosi. Le applicazione e i pediluvi possono essere fatti anche più volte al giorno, secondo la necessità. Mentre è bene preparare al momento l’olio o il pediluvio, per quanto riguarda l’infuso questo può essere conservato – senza che perda le sue proprietà – in frigorifero, in recipiente chiuso e al riparo dalla luce, anche per diverse settimane. In ogni caso, la micosi è un’infezione che richiede sempre attenzione e cure mediche adeguate, anche perché infezioni ripetute possono essere la spia di problemi maggiori: per questo è sempre consigliabile consultare il proprio medico.


lunedì 25 maggio 2015

TISANA DEPURATIVA LIMONE ZENZERO E PEPERONCINO


Far bollire un litro di acqua in un pentolino dove avremo aggiunto della radice grattugiata di zenzero (circa 5 fettine o 5 cm). Una volta che il liquido inizia a bollire, bisogna coprire la pentola e lasciare riposare per circa 10 minuti. Aggiungere il succo e la buccia di due limoni e un pizzico di polvere di peperoncino secco. 

Dolcificare con 1 o 2 cucchiaini di miele

Potete decidere di bere la vostra limonata allo zenzero sia calda, che fredda.
Bere questa tisana regolarmente, al mattino e a digiuno, stimola il fegato, organo primario ai fini della depurazione, e dà un avvio al sistema digestivo. Il fegato è l’organo che rilascia acido urico e crea la bile ai fini di eliminare le tossine dal nostro organismo. Mantenere fegato e sistema digestivo puliti e in forma aiuta a prevenire malattie croniche.

I benefici di un consumo costante di questo rimedio saranno vari. Innanzitutto, è una bevanda che aiuterà il vostro sistema immunitario, accelerando anche il vostro metabolismo e permettendovi di bruciare il grasso in eccesso perché avrete unito, da un lato, il quantitativo di vitamina C presente nel limone, dall’altro, la capacità di riattivare il metabolismo e le proprietà antinfiammatorie dello zenzero

Il limone è un disintossicante naturale in quanto trasforma le tossine in sostanza digeribile. Oltre a contenere la vitamina C, il limone è ricco di antiossidanti ed elettroliti quali potassio, calcio e magnesio che facilitano la reidratazione del nostro corpo. Inoltre il limone stimola gli enzimi naturali del fegato contribuendo a ossigenare il corpo.

Il peperoncino è ricco di vitamina A e stimola il sistema circolatorio aprendo i capillari, facilita la digestione e aiuta a regolare gli zuccheri nel sangue. Inoltre, cosa molto importante, aumenta la temperatura del nostro corpo e mette in azione il metabolismo

Lo zenzero è noto per tante proprietà: facilita la digestione, calma la nausea, allevia dolori muscolari e articolari, accelera la guarigione nelle malattie da raffreddamento e l’influenza, favorisce la digestione dei carboidrati e delle proteine. Consumato fresco contiene una sostanza chiamata gingerolo, un ottimo antibatterico che consente di mantenere sane le cellule del tratto gastrointestinale.

Anche la pelle beneficia di questo rimedio, grazie al quantitativo di antiossidanti contenuti nella bevanda, che contrastano l’azione dei radicali liberi e danno all’epidermide un aspetto più giovane e luminoso.


martedì 19 maggio 2015

La luce solare è la medicina gratuita più potente


La luce del sole è l’alimento più importante per l’essere umano, capace di nutrire e di mantenere in salute il corpo fisico, l’energia vitale, le emozioni e i pensieri. Quando la nostra relazione con questa fonte di vita si altera viene compromesso l’equilibrio interno dell’individuo e di riflesso anche la sua relazione con l’ambiente esterno. Noi siamo esseri cha hanno bisogno di luce, perché in essa sono contenute le informazioni che riguardano la nostra salute, la nostra evoluzione e la nostra realizzazione.La luce solare è l’alimento e la medicina gratuita più potente a disposizione dell’essere umano, però questa possibilità non è conosciuta né utilizzata su larga scala, perdendo una straordinaria risorsa di salute, benessere ed evoluzione.
Quando parliamo di luce di solito ci riferiamo alla porzione visibile all’occhio umano di uno spettro elettromagnetico molto più vasto, composto da raggi infrarossi, microonde, onde radio corte e lunghe, raggi ultravioletti, raggi x, raggi gamma e raggi cosmici. Nello spettro elettromagnetico completo è contenuto il segreto della luce solare e della vita: le proprietà nutritive e terapeutiche fondamentali per la nostra sopravvivenza . Sono stati effettuati molti esperimenti che dimostrano come una carenza di luce solare provochi gli stessi sintomi di una dieta squilibrata, come la tendenza all’obesità, oltre che depressione, comportamenti compulsivi, tendenza a emozioni pesanti come la rabbia ed una serie infinita di patologie anche gravi. Una buona ed equilibrata dieta di luce, durante tutto l’anno, permette non solo di salvaguardare e potenziare la propria salute, ma anche di prevenire moltissimi squilibri e malattie.


Curarsi con il sole

Buona parte della popolazione deve prendere coscienza che vive in una condizione di squilibrio rispetto alla luce solare: vive in ambienti male illuminati, sta ore davanti al computer o alla televisione, non si espone adeguatamente e nelle ore corrette. L’essere umano conduce uno stile di vita alterato e poco luminoso e questo lo porta ad ammalarsi: invece di cambiare modo di vivere e avere più consapevolezza di se stesso e delle risorse che ha a disposizione, ricorre alla chimica per curarsi e poter proseguire indisturbato in una condotta alterata.
Una corretta esposizione alla luce solare può prevenire e incidere sulla cura di malattie come l’osteoporosi, l’osteomalacia, la sclerosi multipla, alcuni tipi di cancro (colon, ovaie, prostata, seno), diabete e malattie cardiovascolari . Sono molte di più le malattie che la luce solare potrebbe curare che non quelle che potrebbe causare una sua dose eccessiva. Una corretta esposizione alla luce solare manifesta i suoi effetti terapeutici anche nella cura della psoriasi, nella prevenzione del raffreddore, delle malattie autoimmuni e di quelle respiratorie più gravi come l’ asma; salvaguarda il cuore e le malattie cardiovascolari, regola il buon funzionamento di fegato e intestino, riduce il rischio del Parkinson, aiuta a non ingrassare, è implicata nel corretto sviluppo muscolare durante l’adolescenza, regola il colesterolo e migliora l’attenzione e la creatività.


Come esporsi al sole

La dose di sole giornaliera consigliata varia a seconda dell’età e del tipo di pelle: in media 10-15 minuti per i giovani e 20-25 minuti per gli anziani, nelle ore sicure (prima delle 11 del mattino e dopo le 15 al pomeriggio). Tuttavia questo tempo di esposizione cambia a seconda dei casi: una persona potrebbe essere più sensibile di un’altra o presentare dei problemi cutanei. Anche nel caso di assunzione di medicinali come antibiotici bisogna stare attenti. Inoltre le pelli più scure hanno bisogno di una quantità di luce maggiore rispetto alle pelli chiare, che tendono a scottarsi prima.Non è necessario abbronzarsi per beneficiare degli effetti terapeutici della luce solare e la stagione migliore per fare dei bagni integrali di sole è la primavera, in cui è meglio esporsi per brevi e frequenti periodi rispetto a un unica esposizione prolungata. Bisognerebbe comunque evitare di concentrare l’esposizione in due o tre settimane durante i mesi estivi, mentre la luce dovrebbe essere assorbita con più equilibrio durante tutto l’anno.C’è un altro fattore importante da tenere in considerazione quando ci si espone al sole: l’ alimentazione. I cibi integrali e poco elaborati aiutano ad avere una relazione equilibrata con la luce . Sapersi esporre al sole è una vera e propria arte, che ha le sue regole e i suoi tempi e se compresa a fondo diviene una fonte inesauribile di benessere e salute.


Ricordati che quest’estate puoi risolvere tanti dei tuoi problemi di salute e regalare ai tuoi bambini un sistema immunitario di ferro lavorando su questi tre fattori:
– alimentazione;
– movimento;
– sole e aria aperta.